Di cannabis light si parla sempre di più. C’è chi la considera un vero e proprio fenomeno! Prima di parlare dei rischi legali connessi al suo utilizzo, alla sua detenzione e alla coltivazione in ambito domestico, vediamo bene di cosa si tratta. Quando si parla di cannabis light, si inquadra una particolare tipologia di canapa che ha una caratteristica specifica, ossia un contenuto legale di THC.
In poche parole, la cannabis light è priva di effetti psicoattivi e si distingue per un alto contenuto di CBD, il metabolita celebre per le sue proprietà rilassanti e per come riesce a contrastare situazioni patologiche anche molto fastidiose, dal dolore cronico agli effetti dell’epilessia. In merito ai suoi effetti sulle cellule tumorali, le ricerche per ora effettuate non sono sufficienti per trarre delle conclusioni definitive.
Fenomeno che ha preso piede in Svizzera nel 2016, quello della cannabis light è un trend con un potenziale mercato molto redditizio. Per capirlo basta pensare al fatto che in Svizzera è stata equiparata a qualsiasi altro prodotto sostitutivo del tabacco.
Ovviamente c’è chi si sta facendo domande sulla sua legalità in Italia. Si può rischiare davvero la galera con la cannabis light? Vediamo qualcosa in merito.
Rischi legali della cannabis light
Quest’estate è arrivata una risposta molto chiara in merito ai rischi legali che si possono correre con la cannabis light. A fornirla ci ha pensato un’esponente della Polizia Scientifica che, in un video pubblicato a fine luglio sul sito ufficiale de Il Fatto Quotidiano, ha sottolineato che la legge 242/2016, attesa da molti come punto di svolta della situazione italiana, riguarda la filiera agroalimentare.
Si tratta di un provvedimento normativo che si pone come obiettivo la tutela degli agricoltori. Il provvedimento, come viene spiegato nel video de Il Fatto, è diverso da quello a cui fanno riferimento gli organi di Polizia quando analizzano una sostanza stupefacente.
Nel caso specifico dei livelli di THC, si specifica che il limite massimo di tale principio attivo è pari allo 0,2%. La legge sopra ricordata, per tutelare gli agricoltori, ha alzato la percentuale allo 0,6. Il motivo riguarda il fatto che, in condizioni di particolare stress, le piante possono produrre una quantità più alta di principio attivo.
Dato questo quadro italiano e le normative europee, è possibile dire che sì, la canapa light è legale. La legge 242/2016 ha reso possibile la coltivazione industriale dei suoi semi che, ovviamente, sono anche disponibili per l’acquisto da parte di privati.
I soggetti in questione non incorrono in alcuna sanzione se acquistano semi inclusi nella lista approvata dall’Unione Europea e visionabile online nell’area publications.europa.eu. Chiaramente è permessa la coltivazione in ambito domestico, a patto di fare attenzione ad alcune regole. La prima consiste nel conservare la fattura di acquisto dei semi, che deve essere fornita dall’acquirente, unitamente alla certificazione degli stessi.
Quest’ultimo documento deve essere conservato per almeno 12 mesi.
I semplici obblighi appena elencati, se tenuti presenti, permettono di stare tranquilli anche in caso di controlli da parte delle Forze dell’Ordine. I loro membri hanno la facoltà, dopo un controllo, di richiedere l’analisi dei campioni.
Il suddetto controllo viene effettuato in presenza del coltivatore. In caso di superamento della percentuale legale del THC, i semi di cannabis light o le eventuali piante vengono sottoposte a sequestro. Questo succede anche in caso di semi legali.
Cosa dire, invece, di quelli non compresi nella lista approvata dall’Unione Europea? Che è meglio evitarli. In caso di coltivazione, infatti, si rischiano delle denunce con effetti poco prevedibili, anche in caso di percentuale di THC rientrante nei parametri previsti dalla legge.
Negli ultimi anni, l’orientamento dei giudici è risultato difforme al proposito e, nei casi più difficili, è stato possibile assistere a degli iter giudiziari lunghi e macchinosi.