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La legge che regola produzione e consumo di stupefacenti (compresa la marijuana) e le misure da adottare per la prevenzione ed il trattamento delle varie tossicodipendenze in Italia è il D.P.R. 390/1999, che costituisce il testo unico su cui sono poi state applicate numerose modifiche.
Una di queste modifiche è stata apportata nel febbraio del 2006: la legge nota come ‘Fini-Giovanardi’. Tale legge era molto restrittiva ed equiparava droghe pesanti e leggere, la marijuana fa parte di quest’ultima categoria.
In generale la legge fissava un quantitativo massimo di possesso ad uso personale oltre il quale sarebbe subentrata l’accusa di spaccio: per la marijuana, ad esempio, la quantità massima consentita è di mezzo grammo. Bizzarro è che non ci fossero altre distinzioni tra droghe leggere e pesanti.
Il 12 febbraio 2014 poi la Fini-Giovanardi è stata dichiarata incostituzionale, quindi cancellata, rientrando così in vigore la normativa precedente, ovvero la ‘Jervolino-Vassalli’.
Dalla Fini-Giovanardi alla Jervolino-Vassalli
Perciò se fino a prima i detentori e spacciatori di droghe leggere e di droghe pesanti ricevevano – come stabilito dalla Fini-Giovanardi – la stessa pena (da 6 a 20 anni di reclusione e una multa da 26 a 260 mila Euro), oggi per le droghe considerate leggere si prevede una pena da 2 a 6 anni con una multa da € 5.164 ad € 77.468.
Per quanto riguarda la coltivazione personale invece le recenti decisioni giuridiche, con le sentenze della Cassazione, indicano un limite di tre piantine come quello oltre il quale può essere avviato un procedimento penale. Le piantine, inoltre, devono essere coltivate senza l’utilizzo di ausili tecnici che possano aumentarne l’efficacia psicoattiva.
La detenzione della sostanza stupefacente può avere due finalità: per uso personale o per essere ceduta a terzi. La cannabis che viene detenuta (anche solo in parte) per una successiva cessione, viene considerata nel reato di spaccio.
La detenzione di marijuana per uso personale risulta come un illecito amministrativo (come previsto dall’articolo 75 TU stupefacenti (DPR 309/1990) ), però non viene mai segnata sulla fedina penale, perché si riferisce ad una condotta penalmente lecita e quindi viene sanzionata solo in via amministrativa.
Questo vuol dire che il soggetto interessato potrà rimanere incensurato: in realtà la banca dati delle forze dell’ordine, che elenca i precedenti di polizia invece riporterà una particolare segnalazione, e quindi in caso di un controllo patente per esempio è possibile che chi il soggetto sarà attenzionato in maniera più attenta.
Le sanzioni riguardo l’uso personale di marijuana
Nel caso in cui la persona coinvolta sia alla guida di un veicolo a motore la norma prevede in primo luogo il ritiro immediato della patente per un minimo di 30 giorni, mentre nei 30 successivi si dovranno presentare gli scritti difensivi (nei quali generalmente si dichiarano e sottolineano la sporadicità dell’uso, lo stile di vita regolare, la stabile attività lavorativa, la situazione familiare, la disponibilità di una casa, attività sportive / volontariato / associazionismo).
Poco dopo il Commissario del Governo convocherà l’interessato per un colloquio, e nel caso di minorenni saranno presenti al colloquio anche i genitori, presso il N.O.T. (Nucleo Operativo Tossicodipendenze). Al colloquio sarà presente non solo l’interessato, ma anche un’assistente sociale allo scopo di accertare le ragioni della violazione ed individuare azioni di prevenzione, riabilitazione e recupero del soggetto. Solo a questo punto il caso potrà essere archiviato o potranno essere emesse eventuali sanzioni amministrative.
Dunque il solo possesso di marijuana (o di qualsiasi altra sostanza psicoattiva) per uso personale non è per considerato reato ma è sanzionabile in via amministrativa, il che comporterebbe la sospensione o il divieto di ottenere documenti come la patente di guida, o il porto d’armi, il passaporto e carta d’identità a fini di espatrio, ma anche permessi di soggiorno per i cittadini stranieri.
Nel caso però si incorresse in una primissima segnalazione, c’è la possibilità che il Commissario del Governo possa archiviare il procedimento con un semplice invito formale a non fare più uso di marijuana. Questo genere di ammonimento può essere adottato però solo alla prima segnalazione e solo per chi si presenta al colloquio richiesto (alla quale è facoltativo presentarsi, ma conviene farlo perché il caso contrario il soggetto incorrerà direttamente nelle sanzioni previste).
Nella convocazione per il colloquio poi verrà esplicitamente indicata la possibilità di presentare una attestazione del Servizio per le dipendenze territorialmente competente (Ser.D., quello che prima era invece il “Ser.T.”) circa l’esito favorevole dello svolgimento di un programma “terapeutico e socio-riabilitativo” oppure “educativo-informativo“.
Quindi in questo modo il soggetto coinvolto dovrà rivolgersi al Servizio per le dipendenze territorialmente competente ed attivare e completare un programma al termine del quale il Commissariato potrà ritenere accertato l’assenza di dipendenza di sostanze e dunque non irrogare sanzioni o eventualmente revocare quelle adottate.
Nel caso però questa non fosse la prima segnalazione per l’interessato, anche a distanza molti di anni, verrebbero senza dubbio comminate le sanzioni come la sospensione della patente fino a 3 anni e del passaporto o del porto d’armi fino a 1 anno.
Ma come si stabilisce se l’uso di marijuana è personale o per cessione a terzi?
È la quantità ritrovata (e sequestrata) l’elemento di tipo indiziario: la Corte di Cassazione ha infatti recentemente asserito che la quantità della sostanza stupefacente rinvenuta costituisce un mero indizio che può assurgere a rango di prova della finalità di cessione a terzi, solo quando le dosi ricavabili, oltre a superare i limiti tabellari, siano talmente tante da escluderne lo scopo dell’uso personale (v. con riferimento a 50,360 grammi di hashish da cui erano ricavabili circa 2.033 dosi medie singole, Cass. Sez. 3, n. 43496 del 02/10/2012, e, con riferimento a 88 grammi netti di marijuana, da cui erano ricavabili circa 200 dosi di sostanza drogante, Cass. Sez. 6, n. 9723 del 17/01/2013).
La cessione a terzi, invece, anche se fosse a titolo gratuito, è sempre da considerarsi reato. La legge in realtà, nelle sue molte contraddizioni, presenta diverse scappatoie che sembra possano essere sfruttate da un buon avvocato. Comunque in generale tale legge mantiene una finalità fortemente punitiva nei confronti della produzione, detenzione e uso di marijuana.
Ma anche in questo caso la ingente quantità, da sola, non basta per determinare la responsabilità penale dell’imputato. Sarà il giudice, infatti, a dover valutare altre “circostanze dell’azione”, come l’eventuale ritrovamento di grandi quantità di denaro, la modalità di presentazione della sostanza in dosi, il rinvenimento di strumentazione finalizzata al confezionamento delle singole dosi, etc.