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C’è un argomento che in Italia continua a far discutere nonostante la sua efficacia dimostrata su malattie invalidanti come sclerosi multipla, metastasi ossee, epilessia ecc.
È la cannabis terapeutica, un farmaco antidolorifico prezioso e utile per chi ha malattie che rendono praticamente impossibile vivere una vita normale.
Mentre all’estero i pregiudizi e gli ostacoli vanno via via abbattendosi, nel nostro paese i dubbi su questo tema proseguono nonostante una legge promulgata più di 15 anni fa.
La legge del 2006
L’uso terapeutico di questa sostanza allevia i dolori, alleggerisce i sintomi e rende più sopportabile le condizioni dovute a malattie invalidanti, eppure in Italia quando si pronuncia la parola cannabis si storce subito il naso.
Eppure, come già accennato, c’è una legge promulgata nel 2006 che ne rende legale l’utilizzo e la prescrizione. Ecco il testo dal sito del Ministero della Salute:
“Dal 2006 in Italia i medici possono prescrivere preparazioni magistrali, da allestire da parte del farmacista in farmacia, utilizzando Dronabinol o sostanza attiva vegetale a base di cannabis ad uso medico, cioè la sostanza attiva che si ottiene dalle infiorescenze della cannabis coltivata dietro autorizzazione di un Organismo nazionale per la cannabis, essiccate e macinate, da assumere sotto forma di decotto o per inalazione con apposito vaporizzatore”.
Scarsa informazione, burocrazia e reperibilità
Il problema non è la legge in sé, ma il fatto che essa non venga ancora pienamente applicata per una moltitudine di fattori differenti.
Manca un’informazione pubblica adeguata su questo diritto sia da parte di medici che pazienti, ottenere la ricetta è estremamente complicato (specie se il paziente è impossibilitato a muoversi) e, inoltre, non tutte le regioni prevedono la mutuabilità del farmaco, ossia la sua fornitura gratis.
Il problema più grave resta, comunque, la carenza di farmaci prodotti in Italia o importati, davvero troppo pochi per soddisfare il fabbisogno dei pazienti su tutto il territorio nazionale.
La cannabis terapeutica arriva a soddisfare solo un quarto delle esigenze, un dato che allarma se si pensa che il fabbisogno per il 2021, secondo le stime delle Nazioni Unite, ammonta a circa 3 tonnellate di prodotti.
Mercato nero e coltivazione in casa
Cosa succede quando la reperibilità di un prodotto è complicata e hai estremamente bisogno di un farmaco per alleviare i dolori di una malattia invalidante? Si percorrono due strade: il mercato nero e l’autocoltivazione.
L’uso personale è praticamente depenalizzato ma tra le due alternative, far crescere una pianta in casa è molto più rischioso che acquistarla “per strada”.
Il caso più eclatante è quello di Walter De Benedetto, affetto da una forma molto aggressiva di artrite reumatoide che, impossibilitato a ricevere la quantità prescritta dal medico, è finito sotto processo per averla coltivata in casa.
La battaglia legale di De Benedetto lunga due anni è finita circa un mese fa quando il giudice del tribunale di Arezzo Fabio Lombardo ha dichiarato non colpevole di spaccio l’uomo.
A fianco di De Benedetto si è schierata anche l’Associazione Luca Coscioni che da anni si batte per facilitare l’accesso ai cannabinoidi attraverso un sistema di importazione semplificato e la regolamentazione dell’autocoltivazione.
Come risolvere i problemi di approvvigionamento?
Ricerca, sperimentazione e produzione: questa è la strada da perseguire per risolvere i problemi di approvvigionamento delle terapie a base di cannabis.
L’Italia, nel 2015, ha iniziato a produrre la sua cannabis terapeutica a Firenze ma la quantità che ne esce serve a soddisfare solo un briciolo di domanda.
Per questo motivo, la quasi totalità viene importata dall’Olanda con tutte le problematiche del caso come ritardi, consegne saltate o riduzione della spedizione.
Solo nei primi due mesi del 2021, ci sono stati problemi di accesso alla cannabis in 16 regioni italiane e, oltre questo, alcuni medicinali prescritti non arrivano più perché modificati nel paese produttore o esclusi da circolari ministeriali italiani.
Insomma, in questo ginepraio caotico e confusionario, c’è bisogno di chiarezza nei confronti di tantissimi pazienti che hanno bisogno della cannabis non per vizio ma per vivere la propria vita con una parvenza di normalità.