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Che la cannabis sia un tema dibattuto è fuori da ogni dubbio, ma se anche un colosso come Amazon si schiera a favore della sua legalizzazione allora potremmo essere davvero vicini al punto di svolta.
Il gigante dell’e-commerce ha annunciato, infatti, che sosterrà attivamente un progetto di legge per rendere la cannabis legale a livello federale e, a conferma di questo, ha anche eliminato i test durante la selezione del personale, rimuovendo l’uso della sostanza dai criteri autoescludenti per le assunzioni.
La legge si chiama Marijuana Opportunity Reinvestment and Expungement Act e Amazon (More Act) e Amazon ha già dichiarato, più e più volte, di volerla sostenere attivamente attraverso iniziative di sensibilizzazione e finanziamenti.
Negli USA, in realtà, la cannabis non è illegale (ad eccezione di Idaho e Nebraska) ma resta proibita a livello federale con la conseguente violazione dei diritti alla salute delle persone che la utilizzano per fini medici.
Le parole del CEO Dave Clark
Le novità al sostegno della legge sulla cannabis sono arrivate direttamente dal blog di Amazon con le parole del CEO Dave Clark, raccolte da Wired: “In passato abbiamo escluso le persone dal lavorare per Amazon se positive all’uso della marijuana. Tuttavia, dato che le leggi stanno cambiando in tutti gli Stati Uniti, abbiamo deciso di seguire questa direzione”.
Clark ha anche lanciato un appello ai datori di lavoro e ai politici affinché si uniscano e agiscano rapidamente per approvare il More Act. In questo senso, le Nazioni Unite si sono già mosse interrompendo la campagna di contrasto alla cannabis che resisteva ormai dal lontano 1961.
Il passo fatto da Amazon, sebbene non sembri una dichiarazione d’intenti vera e propria, pare indirizzarsi verso la possibilità (futura) di investire nel mondo della marijuana.
In fondo, il colosso di Bezos non si muove mai a caso, e ne sono la dimostrazione il titolo in borsa già in salita e la buona risposta da parte dell’opinione pubblica che potrebbe solo favorire l’investimento in questo mercato da parte di Amazon.
È difficile, inoltre, immaginare che il colosso americano spenda denaro in comitati e circoli lobbistici per far approvare la legalizzazione della marijuana solo per spirito democratico. Crediamo, infatti, che Amazon si sia fatto promotore del More Act con l’obiettivo di raggiungere una certa influenza anche sulla politica americana.
Stop ai test sui candidati
Oltre a farsi promotore del More Act, Amazon metterà fine ai test sui candidati per la possibile positività alla marijuana. Per il colosso americano, il consumo di erba verrà considerato al pari dell’alcool.
Per i quadri aziendali e le normative interne, questo può essere visto come un boccone amaro difficile da digerire ma è possibile che, almeno dall’esterno, Amazon potrebbe “giocare” sulla strada comunicativa del dipendente felice, contento e che può anche consumare marijuana (fuori dall’orario lavorativo).
Da un punto di vista comunicativo questa svolta è un trionfo: Amazon, in un colpo solo, si mostra più vicina al trend progressista del mondo occidentale, smorza delle problematiche andando più incontro ai lavoratori, riavvicinandosi a quell’ala dell’opinione pubblica mondiale che l’ha sempre osteggiata.
Quale futuro aspettarsi?
Non sembra poi così lontano un futuro con la possibilità di ordinare marijuana direttamente su Amazon, ricevendo il pacchetto a casa nel giro di 24 ore. Ovviamente, per il momento, ci riferiamo agli USA perché in Italia questa possibilità è ancora remota e lontana.
Il governo Draghi ha aperto la possibilità ma non è ancora stata stabilità una data per l’attuazione del referendum proposto dai radicali né per il ddl Magi presentato per la regolarizzazione all’autocoltivazione della cannabis.
Va detto, comunque, che il nostro Paese si è spesso allineato alle politiche statunitensi, per questo è possibile che se dovesse passare il More Act, la strada per la legalizzazione in Italia sarebbe ancora più in discesa.
Ciò che non cambia, tra Italia e Usa, è il ruolo di Amazon che con il controllo della filiera produttiva da coltivatore a consumatore avrebbe a disposizione una capacità distributiva e un know-how che potrebbe “regalargli” subito una fetta di mercato molto grossa.