Sommario Contenuti
Droga, corruzione e governo afghano
La corruzione è un’altra conseguenza, non intenzionale, della guerra alla droga statunitense in Afghanistan ed è anche profondamente radicata nelle istituzioni economiche, legali, sociali e politiche del paese.
In più, sebbene molti funzionari statunitensi riconoscano che la corruzione è un vero e proprio problema in Afghanistan, molti degli stessi non ammettono, nemmeno velatamente, che le politiche statunitensi sulla droga hanno contribuito alla perpetuazione e al radicamento della corruzione nel Paese mediorientale.
Proprio come l’interdizione della droga ha creato opportunità di profitto illecito negli Stati Uniti, che altrimenti non sarebbero esistite, la stessa dinamica si è verificata in Afghanistan.
Il divieto dell’oppio e di altre droghe, combinato con gli sforzi di eradicazione del governo americano, significa che sia gli agricoltori, sia i membri dei talebani, desiderano aggirare queste leggi.
Come è ben documentato, sotto i regimi di proibizione, corrompere funzionari eletti, giudici, polizia e militari coinvolti nella lotta alle droghe illegali è un modo per aggirare le restrizioni legali.
Tale attività è molto comune nell’Afghanistan post invasione.
Secondo Thomas Schweich, ambasciatore speciale in Afghanistan durante l’amministrazione Bush, molti alti funzionari afgani non solo sono disposti a chiudere un occhio sull’attività della droga, ma sono anche loro stessi complici nel traffico.
Questa corruzione si estende anche ai più piccoli sforzi di eradicazione.
Un’iniziativa contro la droga, intrapresa dal governo degli Stati Uniti, prevedeva l’offerta di un pagamento una tantum ai leader locali in cambio della diminuzione della produzione di papaveri nelle loro province.
Sebbene, in apparenza, i leader sembravano aver preso bene il programma, in realtà numerosi rapporti hanno rilevato che i funzionari locali usavano il denaro, ricevuto come premio per l’eradicazione, per sviluppare le proprie attività illecite in altre parti del paese.
La natura unica dei pagamenti, inoltre, ha contribuito a creare ulteriori giochi perversi poiché, dopo aver ricevuto la loro ricompensa, i leader successivamente chiudevano un occhio sul traffico di droga in cambio di una ricompensa da parte degli agricoltori locali.
La corruzione è evidente anche ai massimi livelli di governo.
Nel 2007, ad esempio, l’ex presidente Hamid Karzai nominò Izzatulla Wasifi, un trafficante di eroina già condannato, capo della commissione anti corruzione dell’Afghanistan.
Wasifi, a sua volta, nominò diversi noti politici corrotti come capi della polizia locale.
È noto che il fratello di Karzai, Ahmed Wali Karzai, era intimamente coinvolto nel traffico di droga, perché sovrintendeva a una delle più grandi province produttrici di oppio del Paese.
Nel 2004 le forze di sicurezza afghane scoprirono una grossa scorta di eroina e, subito, sequestrarono la droga e il camion su cui veniva trasportata.
Il comandante dell’unità, peraltro, ricevette subito una telefonata da Ahmed Wali Karzai, che gli chiese il rilascio del veicolo e della droga.
Dopo un’altra telefonata, fatta da un aiutante a Karzai, il comandante obbedì.
Due anni più tardi un altro camion, che trasportava 50 chili di eroina, venne fermato vicino a Kabul.
Gli investigatori collegarono la spedizione ad una delle guardie del corpo di Ahmed Wali Karzai, che si riteneva agisse da intermediario.
Nel discutere queste questioni riguardanti il fratello del presidente, l’informatore afghano Hajji Aman Kheri dichiarò:
“Non è un segreto che Wali Karzai sia coinvolto nel traffico di droga. Molte persone nel governo afghano lo sono.”
Quello di Karzai però non è l’unico, né l’ultimo, perché il governo afghano abbonda di casi di corruzione.
Nel 2005, ad esempio, le forze britanniche intercettarono 10’000 chili di oppio nell’ufficio dell’eminente governatore afghano Sher Mohammed Akhundzada, uno stretto alleato di Karzai.
A seguito di quell’incidente venne costretto a lasciare l’incarico, ma successivamente venne nominato in senato.
Nel 2006 il candidato a capo della protezione delle frontiere venne sorpreso a contrabbandare eroina. Anche se la sua nomina venne poi ritirata, ora è un rappresentante di spicco nel Parlamento afghano.
Anche se molti politici statunitensi sperano che la corruzione in Afghanistan migliorerà con il passare del tempo, questo rimane tutto da vedere.
Secondo il Global Corruption Index di Transparency International, l’Afghanistan è uno dei Paesi più corrotti del pianeta, classificandosi al 166esimo posto su una lista di 168 nazioni.
Secondo l’indice, il governo afghano viene percepito come un governo facilmente influenzabile dagli interessi privati, e ha ottenuto un punteggio di 11 su 100 nell’Indice di Percezione della Corruzione (CPI) per il 2015 (i punteggi più vicini a 100 indicano una minore corruzione, mentre i punteggi più vicini a zero indicano livelli elevati di corruzione).
Per contestualizzare questi numeri, gli Stati Uniti sono al 16° posto nell’Indice globale della Corruzione e hanno ottenuto 76 punti nel CPI, mentre la Corea del Nord si è classificata al 167° (solo un posto sotto l’Afghanistan) e ha ottenuto 8 punti nel CPI.
Dato che è improbabile che la politica statunitense cambi nel prossimo futuro, rimane quindi molto lontana la possibilità che tali miglioramenti si concretizzeranno.
La guerra alla droga e le implicazioni per la politica: quale futuro?
Il cambiamento nell’atteggiamento dell’opinione pubblica riguardo alla politica sulle droghe è notevole.
Nel 1990, il 73% degli americani intervistati era favorevole a una condanna a morte obbligatoria per i principali trafficanti di droga.
Circa il 57% concordava sul fatto che alla polizia dovesse essere consentito di effettuare perquisizioni nelle residenze di noti spacciatori di droga senza un ordine del tribunale.
Oggi c’è un ampio sostegno pubblico per il cambiamento delle politiche statunitensi sulla droga.
Un rapporto del 2014 del Pew Research Center ha rilevato che il 67% degli intervistati ritiene che il governo debba attuare politiche incentrate sulla legalizzazione, mentre solo il 26% ha dichiarato che il perseguimento dovrebbe essere l’obiettivo.
Alla domanda su quale sostanza sia più dannosa per la salute di una persona, il 69% degli intervistati ha risposto che l’alcol sia più dannoso della marijuana.
Circa il 63% ha affermato che l’alcol è più dannoso per la società e che la marijuana dovesse
essere resa altrettanto ampiamente disponibile.
Proprio come molti stati iniziarono a non applicare più il divieto di vendere alcol prima dell’abrogazione del diciottesimo emendamento, oggi gli stati stanno compiendo passi seri per allentare alcune leggi sulla droga.
Tra il 2009 e il 2013, ad esempio, 40 stati hanno intrapreso alcune azioni per alleggerire le loro norme sulla droga, mitigando le sanzioni per possesso e uso di sostanze stupefacenti, abbreviando le pene minime obbligatorie e rimuovendo i “miglioramenti della pena”, in cui i giudici possono aumentare automaticamente la pena di un imputato se determinati fattori sono presenti.
A seguito di questi cambiamenti politici e di un calo generale dei tassi di criminalità, il tasso di reclusione statale è sceso dai 447 detenuti per 100’000 individui ai 413 tra il 2007 e il 2012.
Tuttavia, la politica sulle droghe non è cambiata su tutta la linea.
Alcuni stati hanno recentemente rafforzato le loro leggi sulla droga, mentre altri hanno allentato alcune leggi e ne hanno rafforzate altre.
Anche se il tasso di reclusione statale è diminuito, per contro il tasso di reclusione federale è aumentato, passando da 59 a 62 detenuti condannati ogni 100’000 persone per reati legati alla droga.
Ciò che guida la continua guerra alla droga va oltre lo scopo di questa analisi.
I ricercatori hanno indicato intenzioni benevoli (anche se fuorvianti) dei responsabili politici.
Altri hanno sostenuto che i numerosi interessi radicati nel continuare l’attuale politica sulla droga degli Stati Uniti, compresi i sindacati della polizia e delle guardie carcerarie, e il quadro di individui pubblici e privati con qualche legame con la politica sulla droga degli Stati Uniti, sono ciò che inducono un proseguimento di politiche sulla droga controproducenti.
Vengono inoltre offerte varie ragioni per continuare la guerra alla droga.
Alcuni sostengono che le attuali politiche siano il modo migliore per raggiungere gli obiettivi di maggiore salute e minore criminalità.
Altri ipotizzano che la guerra alla droga sia necessaria per sostenere gli obiettivi della politica estera americana, inclusa la vittoria nella guerra al terrorismo.
Indipendentemente da ciò, l’attuale politica sulle droghe, esaminata da una prospettiva nazionale o internazionale, è un completo fallimento.
Le conseguenze non sono solo monetarie, sebbene i mille miliardi di dollari di tasse spesi dagli anni Settanta siano tutt’altro che una somma irrisoria.
Come discusso in precedenza, la politica sulla droga degli Stati Uniti ha implicazioni reali per milioni di civili altrimenti innocenti.
Queste conseguenze indesiderate vanno dal carcere alla mancanza di opportunità educative, alla vita in società violente e alla morte.
Mentre gli stati hanno iniziato a muoversi in una direzione più indulgente per quanto riguarda le loro politiche sulla droga, i loro sforzi sembrano insufficienti, poiché con la politica interna c’è una varietà di frutti a bassa portata.
Per fare solo un esempio, i programmi di servizi per le siringhe (SSP) forniscono siringhe sterili in modo gratuito ai tossicodipendenti come mezzo per prevenire la trasmissione dell’HIV / AIDS e dell’epatite.
Questi programmi sono efficaci non solo per ridurre la trasmissione delle malattie, ma anche per rendere i quartieri cosiddetti “a rischio” più sicuri per la polizia, per gli operatori sanitari e per il pubblico in generale e provvedendo, nello stesso tempo, allo smaltimento sicuro di aghi e siringhe potenzialmente infettivi.
Questi programmi sono noti anche per aiutare i tossicodipendenti a smettere di farsi, poiché forniscono loro informazioni e un accesso facilitato ai programmi di trattamento e di recupero.
Gli SSP hanno il potenziale per far risparmiare ai contribuenti milioni di dollari, poiché è più probabile che i consumatori di droghe pesanti facciano affidamento sui programmi di assistenza pubblica.
Una siringa pulita costa meno di mezzo dollaro, mentre il trattamento per l’HIV costa tra i 385.200 e i 618.900 dollari.
La Fondazione per la ricerca sull’AIDS stima che per ogni dollaro speso in SSP, si risparmia circa 3 dollari in costi sanitari.
Nonostante questi benefici, tuttavia, attualmente è illegale utilizzare fondi federali per questi programmi.
La modifica di questo mandato ha il potenziale per soddisfare meglio gli obiettivi di maggiore salute e sicurezza pubblica rispetto alle politiche attuali.
Guerra alla droga: conclusione
È tempo di considerare la più ampia depenalizzazione o legalizzazione delle droghe, dalla marijuana alle sostanze più pesanti, e di concentrarsi su un approccio basato più sul trattamento che non sulla condanna.
Sebbene l’idea di legalizzare droghe come l’eroina e la cocaina possa sembrare inverosimile, una tale politica non è priva di precedenti.
Nel 2001 il Portogallo ha attuato una delle più ampie riforme sulla droga al mondo, depenalizzando il possesso di tutte le droghe illecite, ma mantenendo le sanzioni penali per attività come il traffico di droga.
Invece di fare del divieto l’obiettivo principale della sua politica in materia di droga, il governo portoghese ha invece concentrato i suoi sforzi sul trattamento e sulla riduzione dei danni.
I dati dell’esperienza portoghese degli ultimi 15 anni illustrano come questo marcato cambiamento di politica soddisfi ironicamente i presunti obiettivi della guerra alla droga.
In primo luogo il Portogallo non ha registrato un aumento significativo dei tassi di consumo di droga e il tasso di consumo del paese rimane al di sotto della media europea e ben al di sotto della media degli Stati Uniti.
È importante sottolineare che l’uso di droghe tra le popolazioni particolarmente vulnerabili, come gli adolescenti, è diminuito in maniera considerevole.
Con il nuovo regime, anche se i tassi di utilizzo sono rimasti invariati o sono diminuiti, il numero di persone in cerca di cure è aumentato del 60%.
Le nuove infezioni da HIV sono diminuite dalle 1575 del 2000 alle 78 del 2013.
Il numero di nuovi casi di AIDS nello stesso periodo è sceso da 626 a 74.
Anche i decessi indotti dalle droghe sono diminuiti, passando dagli 80 del 2001 ai 16 del 2012.
I meccanismi alla base di questi cambiamenti non sono un mistero per coloro che hanno familiarità con l’economia del Proibizionismo.
Come ci si potrebbe aspettare in un regime depenalizzato, sono disponibili tutti i meccanismi di informazione, che consentono alle persone di accedere a fonti accertate sulla qualità delle sostanze consumate.
Gli utenti possono quindi cercare cure o altra assistenza senza correre il rischio di incappare in sanzioni o di essere incriminate.
Un cambiamento nella politica sulle droghe avrebbe inoltre probabilmente grandi effetti positivi anche sulle questioni razziali negli Stati Uniti.
Come accennato in precedenza, le minoranze hanno molte più possibilità di essere incarcerate per reati di droga, oltre a sperimentare interazioni negative con la polizia.
La legalizzazione della droga non solo funzionerebbe per contrastare la tendenza in corso della polizia militarizzata, ma lavorerebbe per limitare il numero di interazioni negative tra la polizia e i gruppi minoritari, eliminando la ragione alla base di molti raid, blocchi del traffico e altre interazioni.
Quando si parla degli impatti internazionali della guerra alla droga, è tanto più evidente che sono disperatamente necessari cambiamenti politici.
Nel caso dell’Afghanistan, ad esempio, le politiche di proibizione degli Stati Uniti non sono riuscite a impedire la creazione e la vendita di droghe: l’Afghanistan ora produce più oppio che mai.
Le politiche statunitensi sulla droga in Afghanistan hanno favorito la corruzione diffusa e creato uno scenario in cui i cittadini afgani non sono sicuri di quali politiche saranno attuate e applicate, spingendoli tra le braccia dei talebani.
La cartellizzazione del commercio di oppio ha fornito un reddito costante e sostanziale ai talebani. Pertanto, queste politiche sulla droga non solo falliscono di per sé, ma minano attivamente la politica antiterrorismo degli Stati Uniti.
Le conseguenze della guerra internazionale alla droga non si applicano solo all’Afghanistan.
Il governo degli Stati Uniti sostiene una varietà di politiche antidroga in tutto il mondo.
Ognuno di questi programmi racchiude gli stessi obiettivi: proibizione ed eradicazione della droga. In ciascuno di questi casi, possiamo ragionevolmente aspettarci e osservare più delle stesse conseguenze indesiderate.
Per più di un secolo, il divieto è stata la politica principale negli Stati Uniti per quanto riguarda le sostanze illecite.
Come mostrano i dati, tuttavia, queste politiche falliscono praticamente su ogni margine.
Il pensiero economico mostra che questi fallimenti non sono solo comprensibili, ma del tutto prevedibili.
Come risultato del divieto e dei cambiamenti che induce nel mercato della droga, l’aumento di malattie, morte, violenza e cartelli sono tutti risultati prevedibili.
Inoltre, l’economia può aiutarci a collegare queste politiche con altre questioni, come le relazioni razziali e la militarizzazione della polizia.
Le politiche liberali sulla droga devono essere prese seriamente in considerazione.
Mentre alcuni stati hanno intrapreso misure attive per ridurre il forte pungiglione della politica statunitense sulla droga, queste sono solo poche gocce di acqua pulita in un mare di mandati controproducenti.
Una riforma veramente efficace non richiederà solo cambiamenti a livello statale, ma alla fine pretenderà cambiamenti critici nelle politiche federali degli Stati Uniti, sia a livello nazionale che internazionale.