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Divieto e violenza legata alla droga
I sostenitori del divieto affermano che vietare la produzione, la vendita e l’uso di droghe ridurrà la violenza correlata alla droga.
Questa affermazione si basa sul presupposto che l’utilizzo di droghe porti alla violenza. Per contro però la violenza nei mercati della droga, spesso e volentieri, deriva dal contesto istituzionale creato dal Proibizionismo.
Quando le droghe sono illegali, gli utenti non possono usare canali legali “formali” per risolvere controversie o cercare una protezione legittima per le loro transazioni commerciali.
Né gli acquirenti né i venditori implicati nel traffico di droga illegale si rivolgeranno alla polizia o ad altri meccanismi legali di risoluzione delle controversie.
Al contrario, gli individui devono risolvere i propri problemi da soli, quindi spesso significa che dovranno usare proprio la violenza per risolvere questi problemi rispetto a mezzi più pacifici, e meno sanguinosi, di risoluzione delle controversie legali.
Oltre a spingere gli individui implicati nel traffico di droga verso la violenza, per il divieto coloro che sono coinvolti nel mercato della droga sono, di riflesso, dei criminali.
Ciò aumenta le possibilità di commettere un crimine, come l’aggressione ad uno spacciatore rivale, rispetto ad uno scenario in cui le droghe sono legali.
Inoltre il divieto può aumentare i vantaggi dell’uso della violenza: guadagnandosi la reputazione di usare la violenza, coloro che sono coinvolti nel traffico di droga possono esercitare un controllo più efficace sul mercato.
Il risultato è che, coloro che hanno un vantaggio comparativo in termini di violenza e di criminalità, saranno attratti dal mercato della droga, poiché queste abilità sono necessarie per il successo a lungo termine.
Ne consegue che, il divieto delle droghe, può essere la causa principale della comparsa della criminalità nel mercato della droga, non gli effetti fisici del suo consumo.
L’aumento della violenza nel mercato della droga può generare altre conseguenze indesiderate.
Come risultato delle interazioni violente con la droga, è più probabile che la polizia adotti tecniche più intense e strumenti più resistenti per combatterla.
Man mano che queste pratiche si radicano nelle attività di polizia quotidiane, anche i cittadini al di fuori del mercato delle droghe illecite ne risentiranno.
Il divieto, inoltre, concede anche un maggiore potere alla polizia sulla vita dei cittadini. E, in assenza di controlli appropriati, questi cambiamenti possono avere un impatto sproporziato su gruppi etnici particolari.
I numeri sproporzionati di individui neri e ispanici incarcerati e perseguitati ingiustamente, per esempio, ha portato a proteste e a movimenti sociali come Black Lives Matter.
Divieto e smantellamento dei cartelli legati alla droga
I fautori del divieto affermano che questa politica potrebbe interrompere, o smantellare del tutto, i cartelli della droga.
Tuttavia, per contro, la guerra alla droga sembra promuovere la cartellizzazione di questa industria.
Questo perché, il divieto alla droga, tiene alcuni fornitori fuori dal mercato della droga, ovvero quelli che non vogliono, o non possono, assumersi i rischi legati all’operare in un’industria illegale.
Gli individui e i gruppi che rimangono sono quelli più a loro agio nell’usare la violenza e nell’intraprendere attività illecite.
In un mercato legale delle droghe, non solo la violenza sarebbe meno attraente, ma i nuovi arrivati potrebbero entrare più agevolmente nel mercato.
E, con il passare del tempo, il potere del monopolio verrebbe eroso, come avviene già in altri mercati molto competitivi.
In quanti tali, è improbabile quindi che in questi mercati si formino cartelli e sarebbe difficile, quando non addirittura impossibile, mantenerli.
Sotto il divieto, oltretutto, il costo per il mantenimento del monopolio è ridotto, poiché le politiche governative scacciano efficacemente gli aspiranti concorrenti, rendendo più facile per i cartelli formare e mantenere la loro posizione dominante sul mercato.
Come se già questo non bastasse, questi effetti si autoalimentano: in un mercato cartellato, il potere del monopolio porta ad un incremento dei prezzi, il che aumenta ulteriormente i vantaggi per i produttori dominanti che usano la violenza per mantenere la loro posizione di mercato.
L’ascesa dei cartelli, in effetti, nell’industria della droga è notevolmente ben documentata, e con tanto di ricercatori che sostengono che “la cartellizzazione nel traffico di droga sembra esistere in ogni fase della produzione.”
Gli esempi abbondano: le bande cinesi dell’oppio hanno dominato il commercio dell’oppio durante i primi tentativi di proibizione.
I cartelli della droga colombiani hanno controllato il flusso della cocaina negli Stati Uniti negli anni Ottanta e Novanta.
Oggi i cartelli della droga messicani forniscono una varietà infinita di droghe, tra cui troviamo la marijuana, la cocaina e le metanfetamine, ai mercati statunitensi.
In ciascuno di questi casi la violenza associata al mercato della droga è stata notevole.
Divieto e corruzione, una conseguenza indiretta dei cartelli della droga
La cartellizzazione dell’industria della droga sotto il divieto ha contribuito a dare origine ad un’altra conseguenza non intenzionale: la corruzione dei funzionari e dei dipendenti pubblici.
La natura illegale del mercato, il desiderio di evitare la cattura e margini di profitto potenzialmente elevati hanno creato un forte incentivo per coloro che sono coinvolti nel mercato della droga, spingendoli a desiderare di non essere catturati e puniti.
Di conseguenza queste persone hanno maggiori probabilità di tentare di corrompere funzionari pubblici (inclusi agenti di polizia, personale militare, giudici e altri funzionari eletti dal popolo) coinvolti nel divieto di droga.
Mentre alcuni funzionari potrebbero prendere queste tangenti di propria volontà, altri potrebbero essere spinti a farlo a causa della violenza di queste persone o per timore di ripercussioni sulle loro famiglie.
Consideriamo, a tal proposito, il caso del Messico, in cui l’avvocato e senatore messicano Arturo Zamora Jimenez ha osservato che:
“Applicare le leggi attuali per perseguire i criminali è difficile, perché i membri dei cartelli si sono infiltrati ovunque e hanno corrotto le organizzazioni delle forze dell’ordine che dovrebbero perseguirli, come l’Ufficio del Procuratore Generale.”
Conseguenze della guerra alla droga: le evidenze arrivate finora dagli Stati Uniti
Fino alla fine del XX secolo, le droghe attualmente illegali, come la marijuana, l’eroina e la cocaina, erano legali ai sensi delle leggi federali e praticamente di tutte le leggi statali.
Nel 1906 il Congresso implementò le prime restrizioni alla vendita e all’uso di alcune sostanze, tra cui la cannabis, la morfina, la cocaina e l’eroina, con il Pure Food and Drug Act, etichettando molte sostanze come pericolose o che causavano dipendenza.
Nel 1914 l’Harrison Narcotics Act ha ulteriormente regolamentato il mercato degli oppiacei, della cocaina e delle altre sostanze, con un conseguente aumento delle accuse per reati di droga.
Nel 1938 più di 25mila medici americani vennero accusati di fare uso di narcotici e, di questi, 3000 trascorsero del tempo in prigione.
Sebbene queste prime leggi siano importanti per comprendere le attuali restrizioni sulle droghe negli Stati Uniti, le politiche più severe e più rilevanti iniziarono negli anni Settanta, quando Nixon dichiarò le droghe “nemico pubblico numero uno”.
Nel 1970 il Congresso approvò il Comprehensive Drug Abuse Prevention and Control Act (CDAPC), che portò molti mandati federali separati sotto un’unica legge e stabilì un programma per il controllo delle sostanze.
Nel 1972 la Camera votò all’unanimità per autorizzare un “attacco federale di tre anni da un miliardo di dollari contro l’abuso delle droghe.”
La Drug Enforcement Administration (DEA), l’anno successivo, iniziò le sue operazioni e, nel contempo, assorbì altre agenzie, tra cui il Bureau of Narcotics and Dangerous Drugs (BNDD) e l’Office of Drug Abuse Law Enforcement (ODALE).
La DEA, oltre a coordinare più ampie attività di interdizione della droga, aveva il compito di far rispettare tutte le leggi federali sulla droga.
Sotto la direzione della DEA, quella che ora è conosciuta come la guerra alla droga si espanse rapidamente su larga scala e portata.
Morti per overdose e malattie correlate alla droga negli Stati Uniti
Sotto il divieto, una scarsa qualità e un altrettanto scarso flusso di informazioni, combinati con gli effetti del potere su entrambi i lati del mercato, portarono ad un aumento dei decessi legati alla droga.
Nel 1971, due anni prima della creazione della DEA, i Centers of Disease Control and Prevention (CDC) riferirono che poco più di un decesso su 100mila persone negli Stati Uniti era correlato all’overdose di droga.
Questa cifra salì a 3,4 decessi per 100mila persone negli anni Novanta, mentre nel 2008 si sono verificati 12 decessi per overdose ogni 100mila abitanti.
Questi numeri hanno continuato a salire, tanto che, secondo i CDC, nel 2014 ci sono stati più di 47mila decessi per overdose negli Stati Uniti, pari a 14,7 decessi ogni 100mila abitanti, il maggior numero di morti per overdose mai registrato nel paese.
Tra il 2000 e il 2014 sono morte più persone per overdose di droga che per incidenti stradali.
Come prevede il ragionamento economico, la maggior parte di queste morti è legata al consumo di droghe più potenti.
Nel 2014, ad esempio, il 61% dei decessi per overdose è stato causato dagli oppioidi.
Il tasso di overdose da oppioidi, guarda caso, è aumentato significativamente nei primi quindici anni del Nuovo Millennio.
Tra il 2013 e il 2014 i decessi per overdose che coinvolgono oppioidi sintetici sono quasi raddoppiati e il tasso di tutte le overdose da oppiacei è più che triplicato dal 2000.
Anche la diffusione delle malattie legate alla droga negli Stati Uniti ha visto un forte aumento causato dal lancio della guerra alla droga.
Nel 2000 quasi il 60% di tutte le nuove infezioni da epatite B si sono verificate tra i tossicodipendenti.
Mentre la maggior parte dei nuovi casi di HIV/AIDS derivavano da incontri sessuali non protetti, il 6% di tutte le nuove infezioni derivava da droghe iniettate per via endovenosa.
Nel 2012 circa 91mila americani convivevano con l’HIV/AIDS acquisito attraverso l’uso di droghe.
Violenza del mercato della droga negli Stati Uniti
Proprio come i decessi per overdose e le malattie legate alla droga aumentano in presenza di un divieto di usare certe sostanze, così accade per la violenza legata al mercato della droga.
In uno studio sugli omicidi di New York City, i ricercatori hanno scoperto che, mentre solo il 7,5% degli omicidi commessi durante il periodo analizzato era correlato agli effetti fisici dell’uso delle droghe, il 40% invece era legato alle “esigenze del sistema del mercato illecito”.
Altri studi, effettuati negli ultimi quattro decenni, sono giunti a risultati simili.
Uno studio del 1998 ha rilevato che, un maggiore rafforzamento della droga, era positivamente e significativamente associata all’aumento dei crimini violenti.
Un altro studio, eseguito nello stesso periodo, ha scoperto che la variazione nel rafforzamento della droga rappresentava più della metà della variazione dei tassi di omicidi commessi tra il 1900 e il 1995.
L’International Center for Science in Drug Policy ha condotto un’indagine approfondita sulla lettura della violenza relativa al mercato della droga, trovando prove schiaccianti che il divieto della droga ha portato ad aumento della criminalità piuttosto che ad una diminuzione.
Il fenomeno dei cartelli e l’industria della droga
Proprio come il Proibizionismo ha dato origine alla mafia americana, la precoce proibizione dell’oppio e di altre droghe, avvenuta tra la fine del 1800 e i primi anni del 1900, ha favorito la formazione di bande cinesi connesse al mercato della droga.
Tra il 1890 e il 1930, per esempio, nella Chinatown di New York, comparvero le cosiddette Tong Wars. Queste tenaglie, o organizzazioni fraterne, agivano come bande e traevano profitto dall’oppio, dal gioco d’azzardo e dalla prostituzione, facendo uso anche di tattiche che andavano dalle coltellate agli attentati.
La tendenza delle politiche del Proibizionismo di favorire la criminalità organizzata non si limita però a questi casi storici.
La moderna guerra alla droga ha promosso infatti la creazione e il rafforzamento di cartelli violenti.
L’economista colombiano Eduardo Sarmiento Palacio, ad esempio, ha affermato che la guerra alla droga negli Stati Uniti ha portato direttamente all’ascesa dei cartelli della droga colombiani.
Il miglior esempio del problema però può essere osservato in Messico e lungo il confine meridionale degli Stati Uniti.
A causa della frequente repressione, esercitata sui venditori di droga americani “legittimi”, i cartelli della droga messicani hanno colto l’opportunità per esportare droghe ben più pesanti, come l’eroina, la cocaina e la metanfetamina.
Si consideri, per esempio, che un chilo di oppio grezzo, prodotto in Messico, venderà per circa 1500 dollari. Lo stesso prodotto, per contro, negli Stati Uniti venderà per 40mila o 50mila dollari.
Allo stesso modo un chilo di cocaina costa circa 12mila dollari in Messico, ma andrà a prendere 27mila dollari negli Stati Uniti.
Ci sono ulteriori prove che le operazioni controllate dai cartelli stanno sostituendo i produttori di droga nazionali.
Secondo la DEA, le quantità di metanfetamina prodotti dai laboratori “legali” sono passate dalle 24mila unità del 2004 alle 11’573 del 2013.
Nello stesso periodo, tuttavia, gli stati di confine hanno assistito ad un marcato aumento dei sequestri di metanfetamina, mentre i “super laboratori” messicani spediscono la droga attraverso il confine.
Questi cartelli hanno contribuito ad aumentare la violenza sia negli Stati Uniti che in Messico. Dal 2006 più di 85mila persone sono state uccise in Messico a causa del traffico di droga.
Negli Stati Uniti, il cartello messicano di Sinaloa ha effettivamente preso il controllo di molti mercati, come il mercato dell’eroina a New York City, e ha superato anche i trafficanti provenienti dalla Colombia e dall’Afghanistan.
Secondo la DEA, circa il 50% di tutta l’eroina venduta negli Stati Uniti è prodotta in Messico.
Tuttavia, quasi tutta l’eroina venduta negli Stati Uniti, indipendentemente dal suo Paese di provenienza, è fornita dai cartelli messicani. Si stima anche che i trafficanti messicani operino in più di 1200 città degli Stati Uniti.