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I cittadini privati e i politici utilizzano spesso il divieto come un mezzo per controllare la vendita, la diffusione e il consumo di particolari beni.
Anche se il diciottesimo emendamento, che è stato approvato e, successivamente, abrogato all’inizio del XX secolo, ancora oggi è considerato il più grande divieto della storia degli Stati Uniti, certamente non è stato l’ultimo.
La guerra alla droga, iniziata sotto il presidente Richard Nixon, continua ad utilizzare le politiche di proibizione per raggiungere una vasta gamma di obiettivi.
I sostenitori del bando della droga affermano, ancora oggi, che tali politiche riducono la criminalità legata alle sostanze stupefacenti, diminuiscono le patologie legate alla droga, e i rischi di morire di overdose, e sono anche un mezzo efficace per smantellare le “aziende” gestite dalla criminalità organizzata.
Sarà vero? Per avere una risposta, analizzeremo le basi teoriche di queste affermazioni, utilizzando strumenti e intuizioni dell’economia, ed esploreremo anche il mondo del proibizionismo e la veridicità delle dichiarazioni dei sostenitori, analizzando i dati sulle morti per overdose, i crimini legati alla droga e i cartelli.
Inoltre offriremo ulteriori approfondimenti attraverso un’analisi della politica internazionale sulla droga negli Stati Uniti usando i dati della politica statunitense sulla droga in Afghanistan.
Mentre molti hanno esaminato l’effetto del divieto sui risultati interni, pochi si sono chiesti come queste politiche influiscano sui risultati della politica estera.
Concludiamo che la guerra alla droga non solo è inefficace, ma anche controproducente, nel raggiungimento degli obiettivi dei politici sia a livello nazionale che estero.
Alla luce delle intuizioni economiche e dei dati disponibili, troviamo che la guerra interna alla droga abbia contribuito non solo ad aumento delle morti per overdose, ma abbia anche favorito la nascita di potenti cartelli della droga.
A livello internazionale troviamo che il divieto non solo sia fallimentare, ma mini anche attivamente gli obiettivi della guerra globale al terrorismo.
Guerra alle sostanze “illegali”: un salto negli anni del Proibizionismo
“Il divieto non solo ha fallito nelle sue promesse, ma ha addirittura creato ulteriori e preoccupanti problemi sociali in tutta la società. Non c’è meno ubriachezza nella Repubblica, ma di più. Non c’è meno criminalità, ma di più…Il costo del governo non è minore, ma maggiore. Il rispetto della legge non è aumentato, ma è diminuito.”
In questo scritto del 1925 il giornalista, critico sociale e satirico H.L.Mencken descrisse il completo, e totale, fallimento del “nobile esperimento” del governo americano di vietare l’alcol.
Nel 1920 il diciottesimo emendamento, inserito nella Costituzione degli Stati Uniti, vietò la produzione, la vendita e il trasporto di “liquori inebrianti” negli USA.
I sostenitori dell’emendamento salutarono la nuova legge come una cura per una miriade di mali sociali.
L’eliminazione del consumo di alcol, per queste persone, avrebbe ridotto la criminalità, la corruzione e il carico fiscale creato dalle carceri e dagli alloggi per i poveri.
Inoltre, affermavano, il Proibizionismo avrebbe migliorato la salute del popolo americano e avrebbe impedito la disintegrazione delle famiglie.
Nonostante queste nobili intenzioni, il bando dell’alcol si rivelò un fallimento su tutti i fronti. Sebbene il consumo di alcol fosse diminuito drasticamente all’inizio del Proibizionismo, negli anni successivi crebbe in modo vertiginoso.
In poco tempo il consumo di alcol passò dal 60% (livello pre-Proibizionismo) al 70%.
Come se già questo non bastasse, gli alcolici prodotti sotto il Proibizionismo variavano notevolmente in potenza e qualità, portando spesso ad esiti disastrosi per la salute, incluse morti legate ad avvelenamento da alcol e overdose.
Vedendosi vietato l’acquisto legale di alcolici, molti ex consumatori dei medesimi passarono a sostanze ben più letali, come oppio, cocaina e altre droghe pericolose.
Nacquero anche numerose organizzazioni criminali, che avevano lo scopo dichiarato di produrre e di distribuire alcolici illegali, e la corruzione conobbe il suo periodo di massima fioritura.
Alla luce di questi fallimenti, il diciottesimo emendamento fu infine abrogato nel 1933.
Pochi oggi sosterrebbero che il Proibizionismo fosse una politica saggia. Anzi, anche coloro che si oppongono ampiamente al consumo di alcol, riconoscono il fallimento (clamoroso) del diciottesimo emendamento.
La maggior parte considererebbe ovvio il commento di Mencken, ma le sue parole sul bando dell’alcol oggi risuonano in modo rilevante quasi come un secolo fa.
Guerra alla droga: le conseguenze odierne della politica di Richard Nixon
Sebbene il bando dell’alcol possa essere considerato uno dei primi divieti ad aver riguardato il consumo di una sostanza negli Stati Uniti, certamente non è stato l’ultimo. Di più: il peggiore, e il più disastroso, doveva ancora arrivare.
All’inizio degli anni Settanta, il presidente Richard Nixon dichiarò guerra alla droga negli Stati Uniti e, di conseguenza, le autorità statali e locali, il governo federale e persino le forze armate statunitensi ampliarono i loro sforzi per combattere le sostanze illecite.
Oggi la guerra alla droga è vista come benigna: con alcuni stati americani che hanno legalizzato la marijuana terapeutica, altri che hanno depenalizzato il possesso e quattro stati che hanno legalizzato anche la marijuana ricreativa, è facile dimenticare che la guerra alla droga abbia avuto (e continua ad avere) gravi conseguenze.
Nel 1980, per esempio, 580’900 persone furono arrestate con accuse legate alla droga negli Stati Uniti. Dal 2014 questo numero è cresciuto ulteriormente, arrivando a raggiungere 1’561’231 arresti.
Più di 700’000 di questi fermi, nel 2014, erano legati alla marijuana. E quasi la metà delle 186’000 persone che stanno scontando una pena nelle carceri federali sono state imprigionate con accuse legate alla droga.
Le sanzioni per la violazione della legge americana sulla droga possono però estendersi anche ben oltre il carcere e perseguitare le persone per anni.
Ogni anno a circa 50’000-60’000 studenti viene negato l’aiuto finanziario a causa di condanne per droga ricevute in passato.
Inoltre, coloro che violano le leggi sulla droga sono penalizzati durante la loro carriera in termini di opportunità legate al lavoro. Molti datori di lavoro, sia pubblici che privati, tendono a non assumere persone con precedenti reati legati alla droga.
Ciò ha implicazioni particolarmente forti per le minoranze etniche e per gli altri gruppi storicamente svantaggiati, che vengono quindi imprigionati più spesso per crimini riguardanti la droga.
I neri e gli ispanici, per esempio, hanno molte più probabilità di essere arrestati per motivi legati alla droga, e di essere perquisiti dalla polizia, rispetto alle loro controparti bianche, anche se i tre gruppi etnici usano e vendono droghe a tassi simili.
Il costo monetario della politica interna statunitense sulla droga è altrettanto notevole. Da quando è iniziata la guerra alla droga più di quarant’anni fa, il governo americano ha speso più di mille miliardi di dollari in politiche di interdizione.
La spesa per la guerra continua a costare ai contribuenti statunitensi più di 51 miliardi di dollari all’anno. Tuttavia, sebbene l’impatto interno della guerra alla droga sia profondo, le sue conseguenze non si fermano al confine.
Quando la guerra alla droga varca i confini: i cartelli messicani e la comparsa di altri gruppi terroristici
Le operazioni antidroga, sostenute dagli americani in Messico, hanno acceso la miccia di alcuni degli anni più sanguinosi della storia messicana.
Da quando l’ex presidente messicano Felipe Calderon ha cominciato ad usare le forze armate per combattere i cartelli, per esempio, più di 85’000 persone sono state uccise.
E gli sforzi del governo americano per sradicare la coltivazione dell’oppio in Afghanistan non solo non sono riusciti a diminuire l’offerta globale, ma hanno anche contribuito a rafforzare e a finanziare i talebani.
La guerra alla droga degli Stati Uniti, come la sfortunata guerra contro l’alcol degli inizi del XX secolo, è un ottimo esempio di politica disastrosa, di puro interesse personale e di ripetuta ignoranza da parte di funzionari eletti e di altri responsabili politici.
Fin dai suoi inizi la guerra alla droga ha portato ripetutamente a sprechi, frodi, corruzioni, violenza e morte.
Con molti stati, anche a livello mondiale, che si stanno muovendo verso la depenalizzazione o la legalizzazione di alcune sostanze, e altre nazioni che si stanno muovendo per legalizzare completamente le droghe, il ripensamento della politica americana sulla droga è atteso da tempo.
L’economia del Proibizionismo: perché non funziona
Proprio come i sostenitori del bando dell’alcol affermavano che l’alcol causava una grande varietà di mali sociali, e che quindi andava proibito, così i sostenitori della politica americana sulle droghe sostengono che l’uso e il traffico di droga danneggiano la salute pubblica, diminuiscono la ricchezza sociale, aumentano la disoccupazione e promuovono il crimine, nonché la corruzione delle forze armate e di molti politici.
La lotta a questi presunti effetti è l’obiettivo dell’Office of National Drug Control Policy, il cui rapporto annuale del 2015 dichiarava quanto segue:
“L’uso di droghe illecite è un problema di salute pubblica, che mette a rischio non solo il nostro benessere, ma anche i progressi che abbiamo fatto nel rafforzare la nostra economia, contribuendo alla dipendenza, alle malattie, ad un rendimento scolastico inferiore degli studenti, alla criminalità, alla disoccupazione e alla perdita di produttività.”
I politici americani vedono anche il divieto come un mezzo per ridurre la violenza legata alla droga, le attività delle bande e il potere dei cartelli della droga attivi all’estero.
Se consideriamo sinceri gli obiettivi dichiarati dai funzionari pubblici e dai sostenitori del divieto, la questione è se le attuali politiche sulla droga raggiungano o meno questi obiettivi.
A tal fine, il pensiero economico offre informazioni preziose, esaminando come la proibizione della droga alteri gli incentivi incontrati dagli individui sia sul lato dell’offerta sia su quello della domanda del mercato delle droghe illecite.
A sua volta questa analisi ci consente di tracciare la catena delle conseguenze associate al divieto della droga.
I sostenitori del divieto affermano che, proibendo determinate sostanze, possiamo ridurre o eliminare sia la domanda sia l’offerta di droghe, arrivando a diminuire in modo significativo, o addirittura a rimuovere del tutto, il mercato stesso della droga.
Ciò che questi argomenti non riescono a comprendere, tuttavia, è che rendere illegali i mercati non riesce a ridurre, tanto meno ad eliminare, il mercato della droga.
Al contrario, questi mandati spingono principalmente il mercato della droga verso i mercati neri clandestini.
Il divieto, inoltre, agisce come una “tassa” sui venditori del mercato della droga. Gli aspiranti e gli attuali venditori di droga devono quindi mettere in conto multe, possibili detenzioni e i costi per eludere la cattura nei loro modelli di business.
Questa tassa spinge i venditori con i prezzi più alti (cioè quelli che non vogliono o non possono sostenere questi costi aggiuntivi) fuori dal mercato.
Un tale cambiamento nel mercato della droga è in linea con gli obiettivi del divieto. Se i venditori vengono espulsi dal mercato, ciò limita l’offerta delle droghe e aumenta i prezzi. Questi prezzi elevati, a loro volta, riducono la quantità di droga richiesta.
Tuttavia questi prezzi elevati, uniti ai cambiamenti nella struttura del mercato causati dal divieto, generano conseguenze non intenzionali, che lavorano contro gli obiettivi dichiarati dal divieto.
Divieto, droghe contaminate, malattia e overdose
La prima conseguenza del divieto delle droghe è un aumento dei casi di overdose e delle malattie legate alla droga.
Questo è forse meglio illustrato con un esempio che mette a confronto il modo con cui le informazioni vengono trasferite quando un farmaco è legale rispetto a come vengono trasferite quando un farmaco è illegale.
Considera, per esempio, una versione errata o impura di un farmaco legale da banco.
Se il consumatore si ammala, o ha un’overdose a causa di questo farmaco, queste informazioni vengono segnalate, raccolte e analizzate dalle istituzioni competenti.
Le informazioni sulla qualità del prodotto, o sulle sue carenze, vengono inoltre trasmesse attraverso altri canali, inclusi i media, i social network e il passaparola.
I consumatori possono quindi, di conseguenza, modificare i propri consumi.
Per quanto riguarda invece il lato dell’offerta, i fornitori del farmaco legale devono affrontare l’incentivo a ritirare il prodotto e correggere l’errore per fidelizzare i propri clienti e prevenire ripercussioni legali.
Questi meccanismi di controllo della qualità e le informazioni sulla purezza sono più deboli, o del tutto assenti, nel mercato nero delle droghe. In primo luogo i mercati sotterranei forniscono meno informazioni sui prodotti e sui fornitori, perché le transazioni avvengono in segreto.
In secondo luogo i consumatori del mercato evitano di segnalare sostanze difettose o impure, perché ciò potrebbe implicare per loro una violazione della legge.
Da ultimo, ma non meno importante, i consumatori di droghe illecite non ottengono alcun sostegno legale in caso acquistino una sostanza di qualità inferiore, o che abbia pesanti ripercussioni sulla loro salute, al contrario delle persone che acquistano medicinali contraffatti per il mal di testa o alimenti contaminati in un mercato legale.
Per quanto riguarda il lato dell’offerta, i produttori e i venditori di sostanze impure, o contaminate, tendenzialmente non rimuovono questi prodotti, in quanto sanno che gli acquirenti non comunicano tra di loro e non segnalano le loro mancanze.
Presi insieme, questi fattori consentono l’immissione sul mercato di droghe di scarsa qualità, il che aumenta le probabilità di avvelenamento e di overdose.
Questo però non è l’unico modo con cui il divieto può aumentare i casi di overdose.
Il divieto, per esempio, può portare i venditori a creare, a trasportare e a vendere sostanze più potenti, perché i costi aggiunti del bando incentivano le droghe di maggior potenza e il loro valore unitario più elevato.
Per esempio, sotto divieto, i fornitori tenderanno ad offrire più eroina rispetto alla marijuana, poiché l’eroina è più preziosa per unità (negli Usa l’eroine si vende a circa 450 dollari al grammo, mentre la marijuana si vende tra i 10 e i 16 dollari).
Allo stesso modo, gli spacciatori tenderanno a vendere versioni più potenti di tutte le droghe.
Per esempio, uno che vende marijuana probabilmente fornirà un prodotto con concentrazioni più elevate di tetraidrocannabinolo (THC), il componente psicoattivo della marijuana che causa lo “stono”, poiché può guadagnare di più per unità.
Un simile passaggio verso sostanze più potenti si verifica anche sul lato della domanda. Poiché il divieto aumenta i prezzi delle droghe, i consumatori tenderanno a cercare le più costose per il loro denaro.
Detto in parole povere, poiché il costo complessivo per ottenere le droghe è più alto, le droghe più potenti sembreranno più economiche rispetto alle droghe più deboli.
Mettiamo che i consumatori rispondano razionalmente al rischio e cerchiamo di massimizzare la loro soddisfazione per ogni dollaro speso. Ciò ha tre importanti implicazioni:
- Gli utenti probabilmente passeranno da una potenza inferiore ad una maggiore all’interno di un dato tipo di droga (esempio: marijuana con concentrazioni di THC più basse).
- Gli utenti hanno più probabilità di passare dalle droghe leggere alle droghe più pesanti (tipo dalla marijuana alla cocaina).
- Gli utenti utilizzeranno spesso metodi che aumentano l’efficacia delle droghe (come l’iniezione anziché il fumo di una droga).
Il divieto, quindi, non solo aumenta l’uso di droghe più potenti, ma anche i rischi di andare in overdose.
Divieto e malattie legate all’uso di droga
Aumentando i prezzi delle droghe, e di conseguenza spingendo i consumatori verso droghe più pesanti, il divieto aumenta anche la diffusione delle malattie.
Come già accennato in precedenza, i prezzi più elevati incoraggiano metodi di utilizzo più intensi, come l’iniezione.
Il desiderio delle forze dell’ordine di promuovere il divieto genera restrizioni su aghi e siringhe legali.
In molti stati americani è illegale acquistare e vendere aghi e siringhe senza una prescrizione medica. Questi due effetti, combinati insieme, incoraggiano il riutilizzo e la condivisione di aghi sporchi.
L’uso ripetuto di aghi, anche da parte della stessa persona, non è sicuro. Gli aghi infatti si “spengono” ad ogni uso, quindi possono rompersi e rimanere sotto la pelle, causando infezioni e altri problemi.
La condivisione degli aghi aumenta drasticamente il rischio di trasmissione di malattie che vengono diffuse tramite il sangue, come l’AIDS/HIV e l’epatite.