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Il CBD viene consumato sempre di più, in Italia come nel resto del mondo, per i più svariati motivi di salute. E i suoi effetti benefici sono così noti che, sempre più persone, non riescono a fare a meno di metterlo nella valigia delle vacanze o dei viaggi di lavoro.
Purtroppo però, come sappiamo bene noi di Smoketrip, in alcuni Paesi il CBD viene spesso ancora confuso con il THC, ovvero il principio attivo che causa lo sballo e che, come il CBD, si trova nella pianta di cannabis.
La domanda a questo punto è: si può portare sull’aereo il CBD? La risposta: dipende dalla nazione in cui scegli di trascorrere le tue vacanze o dove, per ragioni di lavoro, devi recarti per incontrare i tuoi clienti o per concludere degli affari.
Viaggi in aereo con il CBD: le normative in vigore
Per i viaggi in aereo all’interno dell’Unione Europea e dei Paesi che, pur non facendone parte, hanno aderito allo spazio Schengen, per il trasporto del CBD si applicano le leggi del Paese di entrata.
Tuttavia, c’è anche da dire che, nella maggior parte dei casi, i limiti di THC tollerati nell’olio di CBD sono paragonabili a quelli vigenti in Francia.
Ovvero, per far sì che il CBD non venga considerato come sostanza drogante, il contenuto di THC dev’essere inferiore allo 0,2%.
Le norme doganali più liberali sono presenti nei Paesi Bassi, dove la cannabis è ampiamente impiegata sia per scopi medici che ricreativi, e in Svizzera, dove, dal 2015, il CBD è tornato ad essere considerato un prodotto legale.
In generale, se ti sposti nei Paesi dell’Unione Europea con il CBD nella valigia o nel bagaglio a mano, non dovresti avere problemi.
Tieni però a mente che in molti Paesi, inclusa l’Italia, lo status giuridico del CBD è ancora molto fumoso e, ogni giorno, le leggi in materia vengono modificate o si evolvono in base alla situazione politica dominante.
Pertanto, prima di compiere qualsiasi viaggio in Europa e di mettere il CBD in valigia, o nel tuo zaino, informati sempre sulla situazione legale del CBD e della cannabis nel Paese in cui intendi entrare.
Ricordati inoltre che, altrettanto spesso, i funzionari doganali non conoscono la differenza tra CBD e THC e che, soprattutto negli aeroporti, i controlli sui bagagli sono molto rigorosi.
Se decidi di trasportare il CBD nel bagaglio a mano, oltre a dichiararlo, dovrai tenerlo in una bottiglietta da 100 millilitri, chiusa ermeticamente, e sigillarlo in un sacchetto di plastica della capienza di un litro al massimo.
I liquidi vengono controllati regolarmente durante il passaggio dalla dogana all’area duty free.
Tuttavia, se non vuoi avere problemi e non puoi proprio fare a meno di portare con te il tuo CBD, la mossa migliore è quella di metterlo nel bagaglio da stiva.
Attenzione: al fine di ridurre i rischi, o di avere noie alla dogana, porta con te pochi prodotti.
Viaggi in aereo con il CBD all’estero: come comportarsi?
Se invece prevedi di spostarti al di fuori dei confini dell’Unione Europea, ricordati di essere particolarmente prudente se decidi di portare con te il CBD sull’aereo.
Se proprio non puoi farne a meno per ragioni mediche, e solo in questo caso, prima di partire per l’estero devi informarti esattamente su quale sia la situazione giuridica del CBD nel Paese interessato e le normative attuali in vigore per i prodotti a base di cannabis.
La Thailandia, così come il Vietnam, l’Indonesia, Bali e la maggior parte dei Paesi asiatici, hanno norme doganali molto rigide per i prodotti a base di cannabis. Inoltre, in alcuni di essi, vige ancora la pena capitale per chi cerca di introdurre droga o prodotti droganti.
Per questa ragione, e per la tua sicurezza, ti sconsigliamo vivamente di provare ad importare il CBD in questi Paesi.
Al di fuori dell’Unione Europea, oltre alla Svizzera, i Paesi che permettono l’importazione di CBD sono il Canada e l’Uruguay.
Quali sono le precauzioni da prendere se si viaggia con il CBD sull’aereo?
Il CBD è disponibile sia su prescrizione medica sia come prodotto da banco. Tuttavia, in entrambi i casi, ci sono alcune precauzioni da prendere per evitare il rischio di avere guai alle dogane durante l’imbarco e lo sbarco dall’aereo:
- Cannabis da prescrizione: se il CBD, o altri prodotti a base di cannabis, ti è stato prescritto come parte di una terapia, prima di partire chiedi al tuo medico curante di scrivere un certificato medico che lo attesti. In questo modo, se verrai fermato in dogana, potrai esibirlo come prova.
- Cannabis senza prescrizione: esiste il rischio concreto che il CBD non venga riconosciuto come tale e venga scambiato per THC.Se possibile, per evitare il rischio di un sequestro o di una sanzione, puoi chiedere al produttore un certificato di analisi in inglese.
In alternativa, se ciò non dovesse essere possibile perché il produttore si trova all’estero oppure non può fornirtelo, puoi provare a chiedere al tuo medico curante di rilasciare un certificato medico.
In viaggio negli Stati Uniti con il CBD
Gli Stati Uniti, complice anche la legalizzazione sempre più diffusa della cannabis nel Nord America, sono considerati attualmente i pionieri della legalizzazione della marijuana e del CBD.
Tuttavia, e questo è un aspetto che abbiamo anche trattato ampiamente sul nostro blog, le norme legali non sono ancora uniformi e variano da Stato a Stato.
Nel gennaio del 2014, il Colorado è diventato il primo Stato americano a legalizzare la cannabis anche per l’uso ricreativo.
La cannabis per scopi ricreativi, a livello attuale (2020), è legale nei seguenti Stati americani:
- Alaska
- California
- Colorado
- Maine
- Massachusetts
- Michigan
- Nevada
- Oregon
- Vermont
- Washington
- Distretto di Columbia
- Isole Marianne (nord)
- Guam
L’uso medico della cannabis invece è già stato legalizzato in trentatrè Stati e a Washington DC. Quattordici Stati hanno leggi specifiche per quanto riguarda l’importazione e l’uso del cannabidiolo (CBD).
Tuttavia, al momento dell’entrata negli Stati Uniti, la legalizzazione graduale della cannabis nei singoli Stati non viene giudicata così importante.
Questo perché, ai sensi della legge federale, la cannabis è considerata ancora illegale.
E la legge federale si applica in tutte le dogane aeroportuali quando si entra negli Stati Uniti. In pratica, ciò significa che anche per i passeggeri provenienti dall’estero e che viaggiano tra due Stati in cui è legale, la cannabis è illegale.
E non appena si arriva ad un controllo di sicurezza in aeroporto, la polizia federale prende il controllo. Come non dimenticare il caso della donna di 71 anni, arrestata nel mese di maggio del 2019 all’aeroporto di Dallas Fort Worth, per aver portato con sé il CBD?
Il 25 e il 26 maggio 2019, per la gioia di tutti i fan del CBD, la TSA (Transport Security Administration) ha aggiornato le sue linee guida per i prodotti a base di CBD.
Secondo la nuova direttiva, l’olio di CBD, così come gli altri prodotti che lo contengono, è autorizzato negli aeromobili a condizione che non superi un valore di THC dello 0,3% e che sia conforme alle normative FDA (Food and Drugs Administration).
Ciò significa che, se i viaggiatori hanno prodotti a base di CBD con un contenuto di THC inferiore allo 0,3% e che rispettano le esigenze della US Farm Bill del 2018, possono portarli sull’aereo.
Nonostante questa nuova esenzione, le leggi sul CBD e sulla cannabis rimangono rigide a livello federale.
“Il possesso di marijuana e di alcuni prodotti a base di cannabis, incluso il cannabidiolo (CBD) rimane illegale ai sensi della legge federale” avverte il TSA sul suo sito web. “I funzionari della TSA sono tenuti a denunciare sospette violazioni della legge, incluso il possesso di marijuana e di determinati prodotti a base di cannabis.”
Il CBD e i prodotti che lo contengono sono ampiamente disponibili negli Stati Uniti.
La scelta poi è immensa e non è paragonabile a quella dell’Italia: nei chioschi, anche in quelli più piccoli o dietro l’angolo, si possono trovare oli di CBD di ottima qualità, alimenti a base di CBD, bevande che lo contengono o caramelle al CBD.
Le farmacie inoltre vengono rifornite con prodotti più puri. Meglio quindi non correre rischi, lasciare il proprio CBD a casa e fare poi spese nei chioschi, o nelle farmacie, una volta entrati negli Stati Uniti.