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L’efficacia medica della cannabis è molto più ampia rispetto a quanto si possa pensare. Per capire fino in fondo la situazione, è il caso di ricordare che può aiutare a trattare la sindrome dell’intestino irritabile. Quando la si nomina, si inquadra una patologia molto diffusa al giorno d’oggi. I sintomi possono essere lievi o gravi e le cause non sono ancora del tutto conosciute.
Le ricerche di questi ultimi anni, hanno dimostrato che i cannabinoidi possono aiutare a tenere sotto controllo i sintomi del disturbo.
In cosa consiste la sindrome dell’intestino irritabile?
La sindrome dell’intestino irritabile, un tempo nota come colite, riguarda soprattutto le giovani donne. Fino ad ora, non sono state individuate delle correlazioni tra al sindrome in questione e altre condizioni più gravi, come per esempio le malattie infiammatorie sempre a carico dell’intestino.
Da specificare è che tra i fattori di rischio della sindrome è presente l’insorgenza di un’infezione gastrointestinale. Nel novero degli altri fattori che possono favorire l’insorgenza della sindrome, è possibile ricordare lo stress cronico. Secondo diversi studi internazionali, sembra che vi sia una correlazione tra questi disturbi e i problemi di ansia e attacchi di panico.
Quali sono i sintomi? La nausea, i dolori addominali, i crampi, la stitichezza. Nei casi più gravi, possono verificarsi episodi di sanguinamento rettale.
Gli effetti della cannabis sulla flora intestinale per contrastare la sindrome dell’intestino irritabile
Le resine e gli olii di cannabis sono stati impiegati per lungo tempo nella cura di diverse patologie. In passato sono stati utilizzati per trattare disturbi gastrointestinali. Ovviamente si parla di tempi precedenti al proibizionismo in Occidente. Anche nella medicina orientale ci sono tracce dell’impiego della cannabis nel trattamento dei disturbi gastrointestinali.
Le ricerche più recenti, hanno dimostrato che gli endocannabinoidi svolgono un ruolo fondamentale per quel che riguarda la neuromodulazione del sistema gastrointestinale. Secondo quanto osservato in alcune cavie da laboratorio, non appena si attivano i recettori dei canninoidi, vengono inibite le secrezioni di fluidi gastrointestinali e, di conseguenza, anche le infiammazioni.
I composti della cannabis hanno anche altri benefici, tra i quali è possibile ricordare effetti antiemetici e analgesici. I derivati della cannabis, infatti, hanno la capacità di rilassare la muscolatura liscia dell’intestino, impedendone le contrazioni.
In questo modo, si favorisce anche il controllo interno delle funzioni intestinali. Secondo quanto evidenziato dalle ricerche più recenti, quando un’infiammazione colpisce il nostro corpo, nelle zone colpite aumenta il numero di recettori dei cannabinoidi.
In questo modo, si evita di peggiorare la situazione generale.
In generale, si può dire che CBD e ΤHC siano in grado di bloccare i meccanismi sia spinali sia periferici, attenuando notevolmente i dolori legati alla sindrome dell’intestino irritabile. Diverse ricerche effettuate negli ultimi anni, hanno dimostrato che i cannabinoidi sono in grado di ridurre il reflusso gastroesofageo, una delle principali conseguenze dell’intestino irritabile.
Per entrare ancora più nello specifico citiamo uno studio del 2003, che ha rilevato come il ΤHC sia in grado di ridurre i movimenti intestinali spontanei. Un’altra ricerca effettuata l’anno successivo ha portato in luce il ruolo dei trattamenti a base di cannabinoidi nella gestione del dolore neuropatico.
Un punto di vista degno di nota sul tema è quello del neurologo Ethan Russo. Operativo a Seattle, nel 2008 ha affermato che la sindrome dell’intestino irritabile potrebbe essere legata a una carenza di endocannabinoidi. Il sistema endocannabinoide ha un rolo essenzaile nella gestione di molti processi del nostro organismo. In primo piano troviamo senza dubbio l’appetito, la digestione e la regolazione del sistema immunitario.
Secondo un altro studio risalente al 2008, i cannabinoidi sarebbero in grado di abbassare la sensibilità e gli stati infiammatori in pazienti con disturbi gastrointestinali.
Per completare il quadro, è il caso di citare uno studio statunitense del 2011 secondo il quale il CBD, metabolita non psicoattivo della cannabis, sarebbe in grado di trattare le malattie infiammatorie intestinali. Da ricordare, visto che si tratta di CBD, è che non si parla di effetti psicotropi.
Per concludere, la cannabis può realmente aiutarci a sconfiggere la sindrome da intestino irritabile?
Sono tante le persone che fanno uso di cannabis per ridurre i sintomi dei problemi intestinali. Nella maggior parte dei casi, viene riferita una riduzione degli stessi. La ricerca, come abbiamo appena visto, si è espressa diverse volte in merito.
Secondo alcuni studi, gli endocannabinoidi presenti nel nostro organiso sono fondamentali per raggiungere l’omeostasi, ossia un equilibrio fisiologico tra le diverse funzioni. Nel caso specifico, la sindrome dell’intestino irritabile è da considerare come un problema microbico influenzato dal sistema endocannabinoide.
Sono sempre di più le ricerche scientifiche che dimostrano che la modulazione farmacologica del sistema cannabinoide endogeno è in grado di aprire la strada a approcci finalizzati al trattamento di patologie gastrointestinali, come per esempio nausea, vomito, ulcera e morbo di Chron. Per il trattamento di queste e altre patologie intestinali, il CBD e il ΤHC sembrano soluzioni a dir poco efficaci.
Per capire meglio la situazione, però, è il caso di tenere gli occhi aperti sugli sviluppi della ricerca.